martedì 22 settembre 2009

Le pagelle: MARC JACOBS SPRING SUMMER 2010



Nell'intervista rilasciata a Style.it/com Jacobs dice: "E' una collezione teatrale".
Ma va?! Non ce ne eravamo accorti... io ci avrei aggiunto anche un "confusa e felice" con tono leggermente nasale.
Effetto fenomeno da baroccone, questo Pierrot sovrastato di creste e rouches ed imbarazzato sulla passerella. Non c'è alcuna costruzione intorno allo stile, nessuna cernita di idee, tutto è gettato nel calderone e impastato come acqua e farina. Il risultato: una collezione davvero confusa, che cita Larry Semon e il cinema anni 20, le Théâtre des Funambules, la magia dei burattini, e si culla di vari elementi facendo della loro scoordinazione, a detta dei critici e dello stesso stilista, i punti forza di questo stile (?). E allora: passamanerie, perle, ruches, gessati, organza, cotone, nappa, volants, corsetti, reggiseni a vista... ci trovi di tutto... anche le culotte realizzate con i buoni benzina della Q8 e decorate con le Macine Mulino Bianco.
L'unico elemento davvero interessante il gessato blu, stravolto da romanticherie su spalle e pantaloni, che regala una dimensione davvero singolare.
E inoltre: le borse sono davvero inguardabili, di quelle che ti tirano dietro al mercato per portartele via. Una collezione sicuramente di grande atmosfera e poesia ma una donna quando si deve vestire per una grande occasione deve fare i conti con se stessa e con gli eventuali presenti, l'atmosfera in quei casi conta come la verginità per la D'Addario: veramente molto poco.
Un 4.

14 commenti:

  1. un esperta di moda su WWD scrive:
    ''ogni volta alle fashion week , con le scalette non-stop di spettacoli la memoria collettiva è offuscata e provata, non sempre è così e lo ha dimostrato Marc ,sempre tra i più esperti nell'interessarci e lo ha dimostrato''
    infatti dice marc :
    ''non si tratta qui ora di vendere vestiti ma si tratta di dare alla gente cose per sognare ed idealizzare''
    inoltre per un discorso fatto sulle persone dello starsistem di riferimento qui Marc riporta che non aveva invitato la ciccone ...
    ma che lei ha chiamato..continua al link

    http://www.fashionologie.com/4987175

    ciao

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  2. Più che sogni.....mi sembrano incubi!

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  3. Cool... sai come la penso...
    La moda di Jacobs è passeggera, non costruisce uno stile ma getta, come dici tu, nel calderone una serie di idee appunto, di spunti... sostituendosi un pò a quello che già fanno i fashionhunters.
    Uno può anche calamitare interesse con il suo show, infatti ho sottolineato più volte quanto potesse suscitarmi delle meravigliose suggestioni d'inizio 900, ma quando i riflettori si spengono e i capi entrano nei negozi per essere venduti comincia il problema.
    Potrei, per assurdo, concepire anche un Galliano... nonostante il suo linguaggio non mi piaccia posso accodarmi a coloro che vedono in tutto ciò che fa una linea che conduce a braccetto verso le sue visioni attraverso un pensiero unico e ben delineato ogni stagione.
    Ma se devo prendere in considerazione questa collezione di Marc io ci vedo una serie di idee gettate alla rinfusa. Sono convinto che portare avanti più idee ed impastarle assieme sia molto facile, portarne avanti una sola e darle la giusta sfumatura affinchè sia singolare rispetto alle altre lo ritengo complicatissimo.

    Ora, un critico può scrivere su Marc quello che vuole... raramente qualcuno scrive male di uno stilista, neanche quando ce ne sarebbe veramente bisogno.

    Riguardo il discorso della rappresentanza, lo sai come la penso, ne abbiamo parlato ieri a lungo.
    Uno che decide di portare avanti determinati tipi di valori o di idee e si rivolge ad un pubblico "intelligente" non si fa rappresentare in una campagna dalla Ciccone.
    Guarda YSL, Valentino, Armani, McQueen... come dicevamo le muse che "condizionano" e rappresentano l'arte di questi stilisti sono diverse da quelle scelte da Louis Vuitton, Gucci, Dior, etc...
    Le scelte, a mio avviso, non sono mai arbitrarie ma, giustamente, molto pensate. E siccome una scelta è manifestazione di pensiero non si può minimamente paragonare l'intelligenza dei primi (che continuano incessantemente, nonostante i pochi guadagni e la crisi della loro maison, a non abbandonare il valore del riferimento intellettuale-culturale a cui, come in un circolo, continuamente si riconducono) a quella dei secondi.
    I primi per l'arte, i secondi per il successo.

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  4. Dudù approvo ogni singola parola! E mi complimeno per come le hai scritte.

    ...corro dal dottore...

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  5. Grazie grazie Ale, terrò una conferenza sull'argomento il 27 settembre al Globo hotel di Venezia... sarei felice di averti al mio fianco.
    ;-)

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  6. ehi voi due mi avete..ALLLLLOOOOOORA nemmeno la prova provata ti basta Dudù;

    premessa: il modo in cui affronti la lettura sociologica dell'abbligliamento applicata alle collezioni è condivisibile, l'approvo ,è così, sono chiara.....

    - ti manca un pezzo però,per finire il tuo ragionamento e di conseguenza portarti ad una conclusione più veritiera e reale del lavoro svolto da un designer ; ieri sostenevo che i designer(lascio per un attimo in disparte il fatto modello/tessuto/colore ecc ) non sempre possono scegliere la musa che li rappresenta meglio,ma dall'ufficio pubblicità gli propongono una rosa di nomi ( dove loro..; a loro volta hanno evidenziato l'impatto sul mondo degli acquisti con statistiche,con eventi che la musa in quel momento svolge ..tutto si somma)e debbono scegliere questi, su di una base ad esempio, di ricatti se non scegli tra queste e il venduto ''cala'' te l'aveva detto ....
    infatti sul suo territorio dove altri non possono avere l'ultima parola non ha invitato la musa scelta dal marketing e lo ha affermato pubblicamente proprio a sottolineare che non era una sua scelta...
    insomma cosa vuoi che ti chiami marc e ti dica :
    mio caro amico Dudù,so che non apprezzi le mie collezioni e ci sta ma se ti dico che non l'ho invitata tu che capisci...eh?

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  7. Si, ma di fatto basta la rosa di conoscenze che si portano dietro, oppure le sue muse, non quelle delle campagne ma quelle che prende come modello... e poi a testimoniare quello che ho scritto nel commento precedente basta anche considerare che se la Ciccone decide di vestire Marc Jacobs una ragione c'è, si scelgono a vicenda... e questo dice tutto. Che prove vuoi di più? Un'attestazione firmata su rosaspina con filigrana e sigillo araldico in ceralacca?

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  8. Per cool:
    E' tutto giusto quello che scrivi, però ogni volta che vediamo una campagna, una collezione, una presentazione, diamo un nostro parere unicamente per quello che ci appare. Non possiamo sempre interrogarci su cosa sta dietro a certe scelte e su chi le ha fatte. Lo sappiamo bene che nella moda non bastano un foglio, una matita, un po' di stoffa ed una buona sarta.... Serve molto altro! Noi vediamo il prodotto finito e amen.
    A volte invece capita di vedere delle situazioni anomale che rivelano subito una certa confusione all'interno della griffe. Ricordo Alessandra Facchinetti alla sua prima collezione da Gucci, giocata sui toni del blu e molto sexy. Dopo poco fecero uscire (con gran risalto)la collezione Flora di borse ed altri accessori. Si capì subito che all'interno della maison c'erano correnti che andavano i sensi opposti e che qualche testa sarebbe saltata...

    Per il mio amico:
    Ma alla conferenza del 27 interverrai in quanto musa di qualcuno? E come ti vestirai?

    (Il dottore era per dire che se sono d'accordo con te vuol dire che mi sento male!)

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  9. AHhhhhhhhhhh... io pensavo stessi male e ho prenotato un vestito nero di pizzo di Valentino HC by Chiuri e Piccioli. Ho pensato "Metti che questa volta gli scappa davvero il piede??? Meglio non farsi trovare impreparati e senza gramaglie da indossare".

    Per il 27, no, è un convegno che ho organizzato io, sarò in Seduzioni Diamonds... mi riconoscerai per il basco e i guanti di vernice... ah no, scusa, sto facendo un pò di confusione...

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  10. le megere

    Oggi sono stata dalle megere. Loro non vendono frutta e verdura, loro sono frutta e verdura. Hanno rami, foglie e certi sorrisi nodosi pieni di semi. Vivono nella capanna in mezzo al bosco, da dove escono, vestite di scialli e gonne di lana morticina, cariche di panieri. Attraversano qualche sentiero fra i mondi, tra funghi velenosi, libellule con occhi di fata, impronte di demoni e strade ferrate, e sbucano in via Tommaso Cannizzaro, al loro negozio senza saracinesca, senza scaffali, senza insegna. Un giro di lampadine d'un Natale del '56 è l'unica luce del negozio, che apre a un'ora imprecisata del mattino, tra l'alba e il primo semaforo, e chiude, invariabilmente, alle due e mezzo.

    Lì cominciano ad allineare zucchine rotonde coltivate a miele, carciofi con le unghie e i denti, pomodori diavolicchi, peperoncini contro la malasorte, teste d'aglio, sorbe, broccoli vivi, basilico dalle foglie larghe come palme. Cavolfiori carnivori, melanzane che profumano di violaciocca. Mele di Biancaneve.

    Quella vecchia a volte resta a casa, a rimestare nel pentolone, o a incantare gli animali, o a seppellire i principi di passaggio, non so. Quella giovane è sempre presa di scirocco, coi capelli arruffati che ospitano nidi di rondine, stracci, fili di rame del vecchio impianto elettrico. Ha occhi d'un azzurro marroncino, d'un azzurro ruggine dove puoi vedere pensieri spostarsi come uccelli, pesci volanti o foglie. Qualche volta brilla oro, o acqua, persino quando si lamenta delle tasse e del freddo e agita le mani piene di bitorzoli rossi, mani di barbabietola, mani di cipolla di Tropea che fanno un tenue profumo di soffritto.
    Quella vecchia litiga col registratore di cassa, ricomincia il conto cento volte, e sbaglia sempre, perché le cose non saranno mai numeri, soprattutto le cose vive. Così i suoi 6 e 9 diventano bisce, e scivolano per il marciapiede fino al tombino. I 5 diventano polvere d’oro. Gli zeri si moltiplicano, sono ceci, uva, meloni bianchi, angurie. Il registratore di cassa non può farcela: si apre con un suono di metallo risentito e rifiuta di continuare. La vecchia pronuncia imprecazioni terribili con una voce di comando che zittisce persino i gelsi. Poi strappa tutto e ricomincia a contare: una zucca, un mondo, un tesoro, un delitto, un segreto…

    Stamattina la vecchia ha raccolto un gatto. Un micio di strada, piccolo e cieco. “Ne ho altri cinque, malanova” m'ha detto con una voce dolcissima, terribile, la faccia di megera tutta illuminata, bella come un noce di cinquecento anni. Allora ho capito: sono allevatrici, loro due. Allevano creature. Che siano gatti, rape rosse, anime, rosmarino, registratori di cassa. O anche clienti come me, che vanno alla bottega delle megere per sentirsi rassicurate, per sapere che qualcuno c’è sempre, a prendersi cura del mondo, a far crescere le cose, i mici ciechi, le albicocche, la fiducia. C’è qualcuno, c'è.



    via
    http://manginobrioches.splinder.com/post/17116552/Dalle+megere

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  11. Mah, ammetto che non so cos'abbia fumato ma per la prima volta una collezione MJ mi è quando meno non dispiaciuta... forse sarà solo per la mia ossessione per i 'pantins' e le facce di luna, ma c'è qualcosa che mi piace ... anche se come spesso da marc jacobs certi looks sono proprio da Z... mi sa che fra qualche giorno la odierò, ma all'inizio sono lo stesso stata sorpresa + o - piacevolmente !

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