lunedì 7 giugno 2010

Storie

Ho imparato ad amare il rumore del treno, un latrato profondo che racconta di persone... di storie.
Una donna osserva dal finestrino: le guardo la mano rotonda, la pelle tesa, il gesto paralizzato a mezz'aria che bonifica la fronte dal sudore... lo sguardo si perde sulle case immerse e affacciate sui rottami di una ferrovia che come una piaga unisce i due lembi di pelle della città. Il treno passa, disinfetta la cerniera... rimargina la ferita.
Ognuno ha una storia da raccontare, ci si legge, ci si scopre in ogni piega in cui coscientemente abbandoniamo un pò di noi stessi: un bacino in cui si sedimenta il ricordo. La bocca murata, lo sguardo vacante racchiuso nella pupilla nera conficcata come una punta di spillo nell'occhio si affievolisce nel sonno... il mio viaggio oggi è questa donna, una terra di mezzo abbandonata sulla poltrona accanto alla mia, i suoi capelli umidi sulla fronte, la pelle rosa di culla, la certezza del portamento che nebulizza fiducia. L'odore di viaggio è un humus che nutre l'esperienza del ricordo, una mensa in cui si consuma una storia immaginata e poi persa per sempre. Siamo solo delle semplici storie fagocitate a due ore dall'arrivo!

3 commenti:

  1. :O che bello! Tu sei sprecato a parlare di vestiti, davvero

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  2. Mi complimento per la descrizione. Hai la capacità di rapire chi ti legge; ero seduto anch'io su quel treno...
    Non sono per niente d'accordo con il commento precedente, Dudù sa raccontare anche di vestiti con la medesima attenzione e intelligenza. Anzi penso che i vestiti siano per Dudù una concentrazione di tutto il suo mondo, fatto di pittura, arte, moda, letteratura, musica, storia...

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  3. Che meraviglia, fra oggettività Ponges-iana e accenni di sentimentalismo... sono incantata.

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