giovedì 10 febbraio 2011

Storie

Mi guardava con attenzione avvicinandosi lentamente, puntandomi gli occhi addosso come una punta di lancia diretta verso il suo obiettivo. Sembrava un kamikaze dal passo felpato pronto a farsi esplodere nella mia tranquillità.
Non mi succede spesso di andarmene in giro con dei miei dipinti sotto braccio, a volte però mi capita di doverli portare in accademia... o di doverli riportare a casa. E' un tragitto che non li risparmia agli occhi altrui nonostante il mio imbarazzo si interponga tra me e gli altri come uno scudo: la pittura, anche quando produce esperienze insignificanti, dovrebbe rimanere sempre intima fino a quando, chi la produce, non ritiene che sia giunto il momento di liberarsene. Non ho mai amato i miei quadri ne il mio modo di dipingere... accademico... razionale... forse troppo bloccato.
Quella mattina ero in stazione... il treno nuovamente in ritardo... l'esame era stato dato e, nel frattempo, si era alzato un venticello freddo che mi infastidiva facendo sbattere qua e la quella tela che avevo sottomano: sui passanti, sulle cose, sull'attesa. Lei era ancora abbastanza più in la... mi accorsi di lei quando l'ho vista avvicinarsi senza troppi convenevoli e chiedermi, con un sorriso trettenuto, di "poter vedere". Avrà avuto poco più di sessant'anni, minuta, si accarezzava i capelli portando quelle ciocche arruffate dietro le piccole orecchie aperte come piccole rose ai lati della sua testa appena appassita, fagocitata in un cappotto che le arrivava alle ginocchia e che lasciava scoperto l'orlo di una gonna, sempre nera, che le sfiorava la pelle. Le scarpe basse, velate di freddo e di una polvere leggera che sapeva di storia, diventavano dolci in un bottone rotondo cucito sul lato. Il vento passandole tra i capelli emetteva un leggero lamento: una parola biascicata prima di un racconto.
"E' meraviglioso!"
Le ho risposto con un sorriso... di quelli che a volte dicono troppo, a volte troppo poco.
"In Albania facevo la ballerina, mi ricorda quando ero giovane"... in un italiano lento e spezzettato che tradiva un accento quasi compunto.
Non ricordo cosa le abbia risposto, lei era rimasta li a guardare la superficie brillante del dipinto ma era già lontanissima, vagava forse nel mare dei suoi ricordi in subbuglio o nel nulla più assoluto dell'impotenza resa dal tempo. Qualcosa di certo l'aveva strappata al suo presente.
Non posso fare a meno di pensare a quella vecchia ballerina... per chissà quale ragione ha incrociato il mio percorso una mattina di febbraio perdendosi e sparendo distrattamente nel suo.

Nessun commento:

Posta un commento