sabato 9 maggio 2009

Le pagelle: DOLCE & GABBANA SPRING SUMMER 2009



La provocazione estiva di Dolce e Gabbana, questa volta, si cela dietro la seta di un “pigiama barocco” , una provocazione che dimostra, nuovamente, quanto i due couturier sappiano il fatto loro: riescono a spogliare le star dei paramenti da red carpet e a vestirle di indumenti che, in teoria, dovrebbero rimanere privati. Meraviglioso! Sete svolazzanti, coccarde sgualcite, rasi fruscianti, leggerissimi pois, grovigli di catenelle, broccati barocchi e tanta tanta opulenza da tappezzeria che una donna, su un divano, si potrebbe anche confondere.
Ora provate a chiamarli commerciali quei due maliardi… vendere un pigiama come se fosse couture non è un’impresa per tutti! Sanno commerciare l’incommerciabile, spacciare un pigiama per una mise da sogno, per un abito di cui non si può fare a meno. Certo, le mega zatterone da tre chili l’una sono un’ernia iatale sicura, ma questo poco importa se al pronto soccorso si arriva già con un pigiama. Dolce & Gabbana ovviamente.
Un 9 pieno per questa nuova provocazione che non possiamo fare a meno di raccogliere e conservare.

25 commenti:

  1. Chiamamoli "stilisti". Definirli "couturier" è decisamente eccessivo.

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  2. Beh, couturier è letteralmente sarto... l'ho inteso nel senso letterale del termine... ovviamente è anche una provocazione visto che tutti li odiano e tutti li comprano... ormai i coututier non esistono più, è vero!

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  3. Sicuramente una delle componenti principali del duo è sempre stata l'ironia. Quando ho visto sfilare il piagiama puro o abbinato ad altri capi, mi è venuto da sorridere e anch'io ho pensato alla provocazione. Poi però (e sicuramente questo è un mio limite) non auguro a nessuna di indossare un piagiama per andare ad una festa, solo perchè due stilisti (e su questo concordo con la Alexis)ne "hanno pensata un'altra delle loro...". Spero che le donne abbiano una personalità maggiore per riuscire a dire no, senza prendere per oro colato tutto quello che le viene proposto. Detto questo all'interno della collezione ho trovato altre cose + interessanti, come la costruzione di alcune spalle, i volumi delle gonne e i colori.
    Per quanto riguarda l'aspetto commerciale sia della prima che della seconda linea non stanno andando benissimo... Da tre collezioni (complice anche la crisi internazionale)i numeri non sono più a loro favore.
    Concludo, per essere chiaro, che li considero un duo stlistico importantissimo nel panorama mondiale, con una visione precisa ed un'identità stilistica straordinaria. Poi il gusto personale è un'altra cosa.

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  4. Quando Cocò accorciò le gonne e Yves inventò lo smoking femminile nessuno si augurava che le signore mettessero quella roba...invece poi sappiamo come andò a finire. Perchè questo non potrebbe valere per i pigiami barocchi del duo?

    Comunque si, concordo con te, sono dei bravi stilisti!

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  5. Nel senso che anche Thierry Mugler ha fondato il suo pensiero sulle sue provocazioni, come pure Prada che per quest'estate ha vestito le sue modelle di stracci, o Maison Martin Margiela che con le sue trovate rinnova sempre il concetto di costume.... Tutto nasce come provocazione e poi si consacra, col tempo, ad abitudine. E questo io lo trovo meraviglioso.
    Io invece, contrariamente a quello che dici tu, mi auguro di vedere qualche signora che abbia lo spirito (e ovviamente il corpo) giusto per portare questa nuova trovata, come mi auguro di vederne un'altra con la pelliccia di capelli di Margiela, o gli stracci di Prada.
    Siamo nel 2009, le barriere culturali vengono continuamente azzerate, come quelle spazio temporali ... non possiamo fermarci di fronte ad un pigiama.
    Almeno... questo è il mio punto di vista.
    Ti auguro un buon weekend

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  6. No, no, no!!!
    Hai nominato due momenti storici per la moda fondamentali e al tempo era ben chiara la rivoluzione irreversibile che Cocò e Yves, avevano messo in atto.
    La faccenda dei piagiami, con tutto il bene che possa volere ai D & G, mi sembra mooolto + superficiale e non destinata a durare in modo universale.
    Anche se ripeto, nella loro cifra stilistica vanno benissimo. Non mi dimentico che il loro capo simbolo rimane il corsetto steccato a balconcino, che da anni e anni ripropongono puntuali in ogni sfilata in mille declinazioni. Poi, che dire, io lo trovo un pò di cattivo gusto.... ma questo è un altro discorso, no?

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  7. Quando ho scritto prima non avevo ancora letto il tuo secondo post.
    Concordo in pieno con te che sono le provocazioni e le idee nuove a dare delle scosse in avanti e a ridisegnare i confini del "sentire" in ogni campo.
    Quando Eiffel, propose la sua torre a Parigi, fu preso per pazzo. Oggi quella torre fa parte della storia mondiale.
    Tornando alla moda, ogniuno di noi, in base alla propria sensibilità, al proprio gusto, alla propria storia... abbraccia certe proposte o meno. Io ho una visione della moda molto quotidiana e al servizio delle persone. I capelli di Margiela, così come quasi tutto il suo lavoro mi lasciano del tutto indifferente e non riesco ad attribuirgli nessuna valenza concreta. Per dirla chiara mi sembrano stronzate. Mentre invece trovo in quelli che te definisci "stracci" di Prada, una poetica sospesa fra il passato ed il futuro straordinaria. Oggi ero a Forte dei Marmi e ho visto una ragazza vestita con gli "stracci" (beata lei) ed ora sono di buon umore...
    Penso di non avere barriere culturali, però spero anche di essere in grado di non bere tutto quello che mi viene proposto e sinceramente mi sembra di volare un pò più in alto della storia dei pigiami barocchi...
    Per quanto riguarda il vedere le persone vestite in modo personale o "innovativo" io non ho nessun pregiudizio. Anzi. Pensa che a me piace anche Anna Piaggi, figuriamoci.
    I concetti che esprimo sono del tutto a carattere personale.

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  8. Ma sapete che starei a leggervi per delle ore?!
    Imparo sempre un sacco di cose nuove :)

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  9. Per Ale: io penso che le provocazioni, che siano degli anni 50 o che siano del 2009, abbiano sempre la stessa valenza...nascono per provocare e poi si istituzionalizzano con il passare del tempo in qualcosa di molto più grande...Yves, Margiela, Shon, etc.. è sempre la stessa cosa...non esiste un prima era diverso, i vecchi volumi introdotti da Dior sono le nuove sperimen tazioni di Margiela, quelle di Chalayan, quelle di Prada...l'impatto è lo stesso, forse ora è un pochino difficile visto che bisogna produrre e guadagnare nel breve periodo. Quello che è stato continua ad essere e per me ogni provocazione è sempre un passo avanti, pigiama barocco o smoking femminile.

    Tornando invece al discorso stracci Prada io penso nonostante la sfilata mi piaccia in buona parte, che se quegli stracci li avesse proposti Fendi o Lagerfeld non avrebbero avuto lo stesso impatto. Questo dimostra quanto ci si faccia condizionare da un marchio e questo in teoria non dovrebbe succedere. Se Miuccia avesse introdotto la pelliccia di capelli sono sicuro che moltissimi avrebbero gridato al miracolo! Una provocazione o una nuova idea hanno sempre una valenza straordinaria, se attecchiscono nel sociale poi lo spessore diventa sempre più consistente...ma io penso che tutte le idee nuove abbiano la stessa importanza...Alcune attecchiscono perchè siamo già pronti, altre muoiono perchè davanti ad esse ci sentiamo piccoli o perchè le crediamo fuori luogo.

    Il bustino steccato di cui parlavi sopra lo aveva già proposto Gaultier nei suoi migliori anni 80 e chissà quanti altri prima di lui...di fatto riproposto da Dolce e Gabbana molti anni dopo ha attecchito al gusto di massa. Ora è molto difficile trovare una ragazza con un bustino del genere anche al supermercato . Tra cento anni magari al supermercato troveremo migliaia e migliaia di donne con il pigiama e una meravigliosa pelliccia di capelli...e io purtroppo non ci sarò a dire: che meraviglia!!!

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  10. Io non penso che OGNI provocazione sia un passo avanti. Per niente. Alcune hanno alle spalle una struttura culturale e artistica di rilievo e quindi saranno al servizio di tutti, altre sono solo delle scemenze e nascono dalla disperazione di far parlare del proprio marchio. E non pensare che se alcune idee "nuove" non attecchiscono è solo perchè "non siamo pronti", a volte la tentata innovazione è così di bassa lega che si vanifica da sola.
    Io sono un tipo pratico e mi entusiasmo di più per un bel taglio di un abito trapezio che per i senzazionalismi da sfilata. Trovo che sia molto più difficile portare avanti un discorso di eleganza, di raffinatezza, di rigore, di contemporaneità che non inventare chissà chè per avere la foto sul giornale.
    Mi riallaccio ad un nostro terreno neutro: le sfilate della Facchinetti per Valentino. In quelle uscite io ho trovato, come mai negli ultimi anni, il mio ideale di donna e di femminilità. Non c'erano provocazioni e gesti pazzi, ma l'allure per me era da brividi. Questa è la parte della moda che mi affascina. Questo sono io.

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  11. Concordo con ale che c'è provocazione e provocazione: non possono essere messi sullo stesso piano il sublime tuxedo di YSL, alcuni abiti decostruiti di Mademoiselle, il new look di CD o gli "stracci" (che non sono poi per niente stracci) di Prada con ogni sorta di provocazioni (quindi, nemmeno i pygiami).
    Posso condividere sulla parzialità di alcuni media ma quelli che vedono lungimirantemente (pochi, al giorno d'oggi purtroppo... mmm io sarò tra loro? :D) sanno già quando una provocazione attecchirà e quando no.

    PS per ale: anche io e Edward eravamo al Forte domenica, ma entrambi avevamo niente di Prada. Com'è noto, preferisco l'allure francese! ;)

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  12. Di allure francese al Forte ce n'è ben poca! Con l'invasione dei russi poi... Cattivo gusto in tutto; dagli abiti al comportamento!
    Ti conviene stare a Paris.

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  13. Non è Saint Tropez ma a me non dispiace.

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  14. Io fortunatamente non ho il mito dell'allure francese, o almeno ce l'avevo fino a qualche tempo fa quando poi ho deciso di togliermi di dosso alcuni pregiudizi e di guardare anche al di là della staccionata. L'allure francese è meravigliosa, ma non è la sola possibilità interessante che la moda ci propone.
    Ho avuto l'opportunità di leggere alcuni documenti estratti da giornali degli anni 50 che dimostrano quanto le vostre reazioni alle provocazioni siano identiche a quelle di molta gente, a quelle di molti giornalisti degli anni 50 e degli anni 60 di fronte ai tagli di Yves, i volumi di Dior e le gonne di Chanel.
    Basta leggere i commenti sui siti dei maggiori fashion expert, o i commenti dei buyer, o fare un raffronto tra i diversi siti di moda... opinioni discordanti e antitetiche, un pò come le nostre... questo dimostra che siamo lo specchio della realtà e che la verità non è una sola.
    Io trovo molto facile difendere un yves saint laurent con la storia che ha alle spalle, o difendere un Dior con il bagaglio culturale che la maison dimostra di avere alle spalle.. un pochino più difficile è difendere un Dolce e gabbana o un maurizio pecoraro o un Colangelo che di storia alle spalle non hanno nulla e le loro idee neanche vengono notate.
    Non amo i sentimentalismi nazionali... milano, parigi, new york, rio, atene... hanno dei codici diversi che esprimono idee diverse.
    Un pigiama può scioccare, come poteva scioccare un corsetto di gaultier o i tacchi vertiginosi di vivienne westwood.
    Non tutte le provocazioni hanno uno spessore, non ce l'hanno perchè sono troppo nuove, perchè sono troppo agée, perchè il contesto è sbagliato, perchè la dimensione culturale è discordante.... di fatto ogni provocazione a me provoca un enorme interrogativo... Ricordiamoci che gli impressionisti erano la feccia dell'arte in tempi in cui l'ideale classico ancora serpeggiava silente e robusto nella trama sociale. Col senno del poi tutto diventa molto facile... col senno del poi io ritengo che sia molto facile affermare che "non possono essere messi sullo stesso piano il sublime tuxedo di YSL, alcuni abiti decostruiti di Mademoiselle, il new look di CD o gli "stracci" di Prada con ogni sorta di provocazioni"... perchè quella sorta di provocazioni non ha subito ancora la sua storicizzazione.
    Io sono disposto ad accogliere ogni sorta di provocazione di spessore o "bassa" che sia, mi arricchisce sempre di qualcosa di nuovo.

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  15. Prada nella moda intesa come abbigliamento non è più longeva di DG! ;)

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  16. Provo a dire altre due cose e poi mi fermo.
    Informarsi, conoscere e tenersi aggiornati - in ogni campo - è sicuramente necessario e stimolante.
    Dire però, che qualsiasi idea nuova sia sempre e comunque arricchente ed importante, mi sembra una cavolata.
    In ogni epoca storica ci sono state idee nuove fondamentali per il futuro e idee aberranti che hanno segnato malamente il destino dell'umanità. Non voglio ingigantire la questione (partita dai piagiami), ma l'intelligenza, il giudizio critico, la preparazione culturale personale, dovrebbero aiutarci a decifrare in modo non passivo ogni cosa che ci viene propinata.

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  17. Bravo Ale, concordo con te... di fatto però quando Courreges lanciò la minigonna nel 1964 il risultato fù un clamoroso insuccesso. Solo con Mary Quant, un pò di tempo dopo, la provocazione attecchì con grandissimo plauso di pubblico (anche se lei ha sempre affermato di aver proposto la soluzione mini della gonna già nel 59). Lei affermava inoltre che l'idea della minigonna nacque per capriccio, una mera PROVOCAZIONE che solo nel 68, fortuitamente, si è trovata a coincidere con ideali e comportamenti contestatari. Quindi la mini nacque per scandalizzare, con allegria, quasi a voler prendere in giro la donna vista nel suo ruolo classico.
    Ora voi mi venite a dire che esistono provocazioni sterili e provocazioni fruttuose e io aggiungo: la casa Dior condannò immediatamente la minigonna e una serie di proposte essenzialiste ribadendo soprattutto l'inesteticità anatomica del ginocchio che doveva per forza rimanere coperto.
    Da una parte i classicisti prendevano e consideravano le provocazioni centellinandole, un'altra fazione invece era favorevole allo sperimentalismo provocatorio che portò poi ad una serie di successi e di istituzionalizzazioni di determinate soluzioni nate in quegli anni. Un genio come Dior che osteggiava la minigonna... e non è una questione di contesto storico e di spessore differente in quanto la minigonna non nasce assolutamente come contestazione femminista ma come provocazione sperimentale e scherzosa di una stilista che sapeva il fatto suo.
    E potrei continuare per delle ore.
    Anche Lanvin negli anni 40-50, non ricordo con precisione, introdusse il grembiule nella moda, come decorazione supplementare all'abito... c'era chi gridava allo scandalo, chi, come voi diceva che si trattava di una sterile provocazione (come per la minigonna): di fatto lanvin con il suo grembiule è entrata nella storia del costume e della moda, come Mary Quant, come Courreges... con il senno di poi possiamo dire che quelle cose non si toccano e che erano tempi differenti dai nostri... in quel periodo, di fatto, non la pensavano così... molti giornalisti, cercando di passare al setaccio le provocazioni per esulare quelle che ritenevano sterili hanno perso un sacco di occasioni importanti. Se tu hai , Ale, un metro di giudizio critico, la preparazione culturale giusta, l'intelligenza che serve per dire ciò che è sterile e ciò che non lo è io non posso che invidiarti... di fatto neanche Dior ce l'ha avuta sempre.

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  18. @Alexis: si però Prada ha subito un processo di canonizzazione non indifferente ;-)

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  19. Vero ma il processo è dovuto al fatto che forse la provocazione ha più spessore quando coinvolge anche un piano intellettuale... o forse perchè le proposte e le capacità erano migliori. C'è sempre modo e modo... passo dopo passo.

    A risentirci.

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  20. Diciamo anche che le ingerenze non mancano mai, le coincidenze nemmeno...la bravura poi, per forza di cose, deve alla base...
    ESEMPIO: caso Alessandra Facchinetti. Bravissima, voluta da Franca Sozzani, Matteo Marzotto e da Luca Stoppini, art director di Vogue Italia. La Sozzani, professionalmente, fa coppia fissa proprio con Stoppini, direttore artistico del suo giornale, il quale, poi, entra in contatto con la stessa Facchinetti. Quando lei, per esempio, nel 2006 disegna la linea Gamma Rouge per il marchio Moncler, è lo stesso Stoppini a curare l'allestimento della mostra a Palazzo Visconti a Milano. L'art director di Vogue firma, tra l'altro, anche alcuni scatti della Facchinetti.

    Nasce, perciò, un buon feeling con la stilista. Nel frattempo, tuttavia, Matteo Marzotto, 42 anni, presidente del gruppo Valentino, è alla ricerca di un erede del grande Valentino Garavani. Ed è lui, insieme con la Sozzani, a spingere tantissimo, convincendo il fondo Permira (che controlla Valentino Group) a ingaggiare la Facchinetti. Alessandra viene nominata direttore creativo delle collezioni moda di Valentino all'inizio del 2008. Ma il 19 marzo dell'anno scorso Marzotto lascia ogni carica nella maison.
    Facchinetti, quindi, perde uno dei suoi mentori. Stoppini passa con lei ancora tante giornate, mentre la Sozzani inizia ad abbandonare quella che considerava una sorta di «sua creazione».

    Infine, si sfilaccia pure il legame profondo tra Stoppini e Facchinetti, con l'art director di Vogue distratto da vicende personali che lo portano spesso in Francia.
    Non c'è più Marzotto, non c'è più Sozzani, non c'è più Stoppini. E Alessandra si trova a dover fronteggiare l'ostilità di Valentino e del suo storico socio Gian Carlo Giammetti (ai quali la decisione di Matteo Marzotto di puntare sulla Facchinetti non era mai andata giù).

    La crisi di vendita delle collezioni donna, i cattivi rapporti con il settore accessori (quello che nelle griffe determina la fetta più grande dei ricavi) fanno il resto. E a inizio ottobre la Facchinetti si ritrova rimossa dai vertici della maison («per disallineamenti con la visione aziendale», recita il comunicato del 4 ottobre 2008), e, ancora una volta, sostituita da quelli che erano i responsabili della linea accessori, ovvero Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli, che ora sono direttori creativi di tutte le categorie di prodotto Valentino. Eccoti dimostrato, e tu lo sai bene Alexis, che non conta solo la bravura ma anche le relazioni con i capi (e la Miuccia è una delle migliori amiche di Franca e Anna Wintour), con i giornali, quanto si è integrati nel tessuto sociale (possiamo dimenticare la fondazione Prada? Assolutamente no), le coperture alle spalle (non dimentichiamo che patrizio Bertelli, marito di Miuccia è un facoltosissimo armatore che gi dal 2000 acquisisce una partecipazione in Gucci che rivende a Lvmh, ricavandone una plusvalenza di 150 milioni di euro, che investirà acquisendo la maggioranza di Helmut Lang. Seguono una partecipazione azionaria nell'azienda ottica De Rigo, l'acquisto di Church's, di Jil Sander, Genny, Azzedine Alaïa etc etc.... mica bruscolini. Ora, mettici la bravura che ci sta tutta tutta tutta per intero..e concordo con te... ma se Prada è al vertice e non lo è Maison Martin Margiela non è solo per le genialità che Signora Miuccia tira fuori dal suo chapeau...

    Se negli anni 80 Valentino raccoglieva i suoi più grandi successi e negli anni 50 lo faceva Dior col new look, ora, nel duemila, con un pò di processi complicati in più, abbastanza contorti, tocca a Prada... successo meritatissimo di critica e di fatturato (parlano i bilanci del 2008 che attestano che Armani aumenta di un punto quasi due in percentuale, Prada scende rispetto all'anno precedente ma rimane comunque tra i marchi con fatturato più alto assieme a Dolce e Gabbana)... ma non è tutto oro quel che luccica.

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  21. Per quel che si dice ora la Facchinetti sta con Stoppini...

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  22. Diciamo che le è servito molto poco... e poi lui è brutto e lei è meravigliosa

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  23. ...dimentichi il fascino dell'artista!

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  24. Infatti, parlavo di "capacità" in generale che, quindi, non si limita alla creatività, al design... riassumendo, alla sfera artistica ma anche quella imprenditoriale, manageriale, etc.
    Sarò anche francese ma mi è sempre piaciuto nella scelta delle parole anche tutto ciò che sottintendono al di là di una prima lettura! ;)

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