"Ho guardato agli anni Sessanta e agli archivi della maison per le forme. L'hard ed il super-super soft, e poi una delle mie ossessioni, Carlo Mino, per i dettagli". Sofisticata ed eterea, è una figura evanescente che si lascia dietro un'ombra bianca, una bruma densa raccolta in una coda. In una location mozzafiato con tanto di organo e struttura per contenerlo sfila una raffinatezza minimale, un bon ton depauperato dagli orpelli della borghesia di cui rimangono solo pesanti e tribali gioielli dorati. Strutturatissima e complessa la silhouette è aperta totalmente nei laterali delle giacche, sovraffollata ma asciutta, organizzata nelle diverse lunghezze giacca-top-gonna in un crescendo che sortisce una verticale meravigliosa. Ruches disegnano il perimetro dei capi, sortiscono sorprese quando rivelano un interno a contrasto, quando sbocciano sulla schiena o controbilanciano la spalla nella gonna. Leggerissime le organze sono trattenute da minutissime clips dorate, graffette che fermano i lembi delle balze organizzandole in una forma. La pulizia totale del bianco e la profondità del nero sono allentate dalla presenza di un baby blue leggero, dagli elementi dorati e da un magistrale lavoro di ricerca ed equilibrio della forma che, seppur minimale, non arriva mai come arida.
Meravigliosa la scarpa, il tacco in legno e plex con bullone dorato, tenuto in sospensione grazie ad una scelta azzeccatissima del pvc sui listelli, sembra in piccolo una scultura modernista degna di articolo su Flash Art. E' un gioiello cristallino, si lascia attraversare come ghiaccio da un raggio di luce. Non è il massimo per Riccardo: pur rimanendo una prova eccellente ricorda molto quel bon ton minimale di cui Chiuri e Piccioli hanno fatto scuola (malgrado i parallelismi siano sempre quanto di più sterile e malgrado in questa esperienza si rintracci qualcosa di molto più duro). Un 10.